“Non troviamo candidati”, una delle frasi più gettonate nell’ambito della selezione del personale. Si tratta dell’ostacolo che maggiormente si riscontra in fase di selezione: per ricoprire una vacancy si tende a cercare un profilo proveniente dallo stesso settore, dalla stessa posizione, che svolga le stesse mansioni, che abbia una RAL in linea con il budget. In sostanza cerca di attrarre un candidato in grado di spostarsi dal competitor all’organizzazione ed in grado di prendere servizio immediatamente, senza training. Effettivamente si tratta di un desiderio comprensibile e che se fosse realizzabile rappresenterebbe lo scenario perfetto. Però le carriere si muovono in modo irregolare, non progressivo e le competenze non sono quello che pensiamo. Il grande equivoco nasce in merito alle skills, che generalmente vengono suddivise in hard e soft, riassunte in sintesi così:
Hard skills: sono competenze che possono essere apprese, sono abilità specifiche di una professione, possono essere quantificate e misurate.
Soft skills: possono essere definite abilità sociali, sono spesso innate e sono trasferibili da una professione all’altra.
Molti credono che le soft skills siano però secondarie, meno importanti, un plus da avere e che in realtà non siano il centro della selezione. Ed invece è esattamente il contrario: per prima cosa le soft skills non si possono apprendere in tempi brevi, mentre le hard skills si imparano sul campo e potenzialmente si possono acquisire ogni volta che si cambia mestiere. In secondo luogo le soft skills sono trasferibili da un settore ad un altro. Un esempio classico sono le competenze dei ruoli commerciali, trasferibili da un prodotto all’altro.
Per questi motivi si parla sempre di più di due processi che cambieranno il mondo del lavoro: reskilling e upskilling. Vediamoli nel dettaglio:
Cos’è il reskilling: si tratta di un percorso che porta all’acquisizione di nuove competenze che permettano ad una figura professionale di andare a ricoprire un differente ruolo all’interno dell’organizzazione nella quale opera.
Cos’è l’upskilling: l’upskilling invece è il processo di formazione che porta un lavoratore ad espandere le competenze legate al suo ruolo.
Alla luce di questo la rigidità in fase di progettazione di una posizione – e quindi di selezione – è controproducente. Accade perché ognuno è convinto che il proprio business abbia delle particolarità peculiari, “tecniche”, che rendono difficile individuare un candidato e troppo dispendioso formarlo e accompagnarlo al suo ingresso in azienda, dunque si tende a pensare che la persona scelta debba essere pronta per lavorare. Seppur vero che ogni business ha le sue complessità, non per questo dobbiamo credere che non esistano profili al di fuori di una rigida job description capaci di ricoprire un determinato ruolo. Il processo di apprendimento fa parte della carriera di tutti, dare fiducia al potenziale vuol dire lasciare spazio di sviluppo ad un professionista e, perché no, lasciare che ci sorprenda andando anche oltre le nostre aspettative.
Questo approccio rigido è ciò che spesso rende il mercato del lavoro italiano altrettanto schematico e poco mobile, permettendo difficilmente carriere trasversali e percorsi non lineari che spesso creerebbero invece figure professionali interessanti e altamente adattabili.
Cosa possiamo fare dunque per rompere questo schema rigido? Ecco tre azioni concrete:
- Individuare il potenziale: nell’analisi di un profilo occorre individuare la parte trasferibile delle competenze, separandola dal lato “nozionistico” del profilo. Quando siamo di fronte ad un candidato dovremmo cercare di testare le capacità più che le conoscenze di settore. Tutto infatti può essere appreso, ma non l’attitudine, ossia il talento vero e proprio.
- Guardare i percorsi in prospettiva: più che chiedere “dove ti vedi tra cinque anni” dovrebbe essere il reclutatore a tentare di immaginare dove sarà il candidato domani. Da dove è partito e dove sta andando sono due dati che possono dirci molto sulla nostra scelta di selezionarlo o meno.
- Formare: ciò che manca può quasi sempre essere compensato, tranne appunto le soft skills. Chiediamoci cosa possiamo trasferire ad un profilo in termini di formazione e cosa accadrà da quel momento in poi in termini di performance.