I percorsi lineari di studio e di carriera hanno ancora senso?

L’ente di ricerca YouGov ha evidenziato in una recente ricerca come il 40% dei dipendenti, su un campione di 1000 lavoratori italiani, stia seguendo un percorso lavorativo “non lineare”.

Emerge chiaramente come il fenomeno dell’occupabilità oggi sia fortemente cambiato e abbia assunto caratteristiche profondamente diverse rispetto al precedente, ma perché?

  • Crescente flessibilità del mercato, fatto di riorganizzazioni aziendali più frequenti e conseguenti transizioni lavorative più frequenti (in Italia facilitate dall’entrata in vigore del Jobs Act nel 2015);
  • Opportunità di lavoro meno lineari e durevoli da parte delle aziende;
  • Necessità di essere più occupabili e avere più chance nel marcato da parte dei lavoratori;
  • Maggiore necessità di autogestione di carriera da parte dei professionisti: accresce il bisogno di essere più autonomi e proattivi nel costruire il proprio sviluppo professionale.

Nell’analizzare questo fenomeno in continua evoluzione non possiamo omettere la necessaria relazione tra i percorsi fluidi di carriera e il lifelong learning: il ruolo della formazione continua nell’aumentare il potenziale di crescita professionale è un fattore indispensabile per affrontare le sfide del mercato odierno ma ancora sottovalutato dalla maggior parte delle persone.

Anche per i più giovani – ai fini di progettare il proprio percorso formativo e lavorativo futuro – intraprendere un percorso universitario lineare sembra non avere più senso. I famosi 5 anni di Giurisprudenza o di Economia oggi non hanno più quel “potere sociale” – dato dallo status di cui godeva il titolo un tempo – tale da garantire una piena occupabilità. Questo sostanzialmente per i seguenti motivi:

  • i percorsi di studio lineari sono troppo lunghi e ad oggi (in Italia) non permettono un contatto diretto col mercato e il mondo del lavoro, eccetto rari casi virtuosi;
  • le competenze invecchiano molto rapidamente, va da sé che anche un titolo di Laurea sarà presto obsoleto se non integrato con certificazioni e percorsi di aggiornamento;
  • i percorsi di studio lineari non soddisfano la necessità di avere competenze trasversali e di gestire carriere sempre più mutabili ed eterogenee.

Si sta infatti confermando la spinta al percorso professionale “fluido” come trend che include non solo le nuove generazioni di lavoratrici e lavoratori ma anche un cambiamento culturale di percezione della carriera da parte delle generazione di professionisti più senior.

Ma quali sono i principali driver motivazionali che nutrono la scelta di carriera fluida?

Boundless caeer, ovvero la necessità di avere uno sguardo oltre l’organizzazione. Le carriere senza confini sono caratterizzate da:

  • una maggiore mobilità inter-organizzativa;
  • una maggiore ricerca di supporto sociale, volta a promuovere la propria occupabilità e a creare networking;
  • un coping attivo, ovvero strategie proattive di gestione dei cambiamenti e degli imprevisti.

Carriere sostenibili, ovvero la necessità di coniugare diversi aspetti della persona e la necessità di sentirsi rispecchiati profondamente nel proprio lavoro. Le carriere sostenibili sono caratterizzate da:

  • una profonda attività di sense-making, in cui l’obiettivo centrale è la congruenza tra la persona e la propria carriera in termini di relazione tra felicità, salute e produttività;
  • elevate proattività e adattabilità della persona, che è votata a trovare il proprio self-career fit

Carriere proteiformi (termine coniato da Hall nel ’96 per analogia col dio greco Proteo che cambiava forma) ovvero le carriere soggette a mutamento. Questi percorsi sono caratterizzati da:

  • spiccati comportamenti di autogestione della carriera;
  • elevata enfasi sui propri valori nell’orientare le scelte di carriera;
  • maggiore soddisfazione professionale;
  • maggiore apertura all’esperienza e tendenza alla proattività.

Quando invece non ci facciamo carico proattivamente del nostro percorso professionale, data la aumentata flessibilità del contesto di mercato, è più probabile incorrere in uno shock di carriera, ovvero un momento di rottura rappresentato da un evento straordinario che può avere un impatto significativo e dirompente sulla nostra vita. Gli shock di carriera accadono tipicamente in quei percorsi dove i cambiamenti vengono totalmente subiti. Esempi di shock di carriera tipici possono essere:

  • licenziamenti non aspettati;
  • trasferimenti inaspettati o non desiderati.

Quali sono le risorse di carriera che possiamo agire per il nostro lifelong career management?

  • Human capital career resources: competenze professionali, soft skills e conoscenza del mercato;
  • Motivational career resources: includono il coinvolgimento, la confidence e la chiarezza degli obiettivi;
  • Environmental career resources: includono le opportunità di carriera, le sfide professionali, le opportunità di crescita offerte dall’organizzazione, le risorse offerte dal contesto sociale;
  • Career management behaviors: includono i comportamenti esplorativi del contesto, l’attivazione del networking e l’interesse all’apprendimento.

In conclusione, di cosa abbiamo bisogno per navigare al meglio il contesto?

  • Essere ricettivi nei confronti dei segnali di direzione del mercato: come si evolve, quali competenze richiede, quali azioni possiamo intraprendere per adattarvici.
  • Essere autoanalitici e autocritici rispetto al proprio bilancio di competenze: dove siamo forti, cosa sappiamo fare bene, cosa ci manca per migliorare.
  • Aprire le porte alla formazione continua come investimento a lungo termine il cui ritorno lo vediamo nella aumentata capacità di rispondere attivamente alle sfide esterne, senza subirle.
  • Saper narrare i passaggi di carriera in termini di sense-making del cambiamento e di competenze acquisite (il cambiamento deve avere senso non solo come crescita retributiva).
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