Di cosa parliamo quando parliamo di leadership? Qualche definizione ed i 6 stili di leadership più diffusi

“Leadership is one of the most observed and least understood phenomena on earth”

(La leadership è uno dei fenomeni più osservati e meno compresi al mondo)

“Leadership”, James MacGregor Burns, 1978

Siamo ormai abituati a post sui social in cui, con illustrazioni e concetti rudimentali, si lodano i leader a si biasimano i “capi”, con definizioni abbastanza fantasiose delle due categorie. Questa è forse l’unica modalità con la quale molti sono venuti a conoscenza del concetto di leadership. Quando parliamo però di leadership stiamo facendo riferimento a qualcosa di ben preciso, che è stato oggetto nel tempo di studi e riflessioni accurate. Forse esistono pochi argomenti che hanno suscitato così tanto interesse e che continuano ad attirare l’attenzione con dibattiti e fiumi di inchiostro (inchiostro ormai digitale). Molti confondono la leardeship con l’esercizio del potere, per questo ha forse senso partire dalle definizioni di base.

Se interpelliamo semplicemente Treccani, la definizione di leadership è la seguente:

Funzione e attività di guida, sia con riferimento a individui o organi collegiali in quanto dirigano un gruppo o un’impresa, sia, in senso politico-sociale, con riferimento a un partito o a uno stato.

Nonostante la brevità della definizione, notiamo subito che è molto ampia: può riguardare individui, gruppi o imprese, o partiti e stati. Proviamo con una definizione di James MacGregor Burns, che è stato uno dei massimi esperti sul tema:

I define leadership as leaders inducing followers to act for certain goals that represent the values and the motivations – the wants and needs, the aspirations and expectations – of both leaders and followers.” (Burns, 1978, pp 19). (Definisco la leadership come il leader che induce i seguaci ad agire per determinati obiettivi che rappresentano i valori e le motivazioni – i desideri e i bisogni, le aspirazioni e le aspettative – sia del leader che dei seguaci.)

Cominciamo allora a comprendere come il tema sia molto meno definibile di quanto immaginiamo ed incredibilmente vasto. Mi sembra interessante un’operazione effettuata da Gian Piero Quaglino nel suo libro “Leadership”, volta a fare distinzione tra management e leadership: la leadership – ci spiega Quaglino – è diversa dal management, “non è mistica né misteriosa”, non riguarda il carisma, non riguarda pochi eletti, e non è migliore del management, né da questo deriva, ma sono due modi di agire distinti e possono essere complementari. Sempre secondo Quaglino nelle aziende c’è troppo management e poca leadership, quando sarebbe necessaria una maggiore presenza della seconda. Il management ha a che vedere con l’organizzazione, l’ordine dei processi, l’efficacia in contesti complessi, mentre la leadership motiva, ispira, orienta. Ecco dunque una prima possibile definizione più delineata.

Veniamo dunque a Goleman psicologo noto soprattutto per il suo lavoro sull’intelligenza emotiva, secondo il quale “essere un grande leader significa riconoscere che circostanze diverse possono richiedere approcci diversi”. Goleman ha identificato sei stili di leadership, che sono stati introdotti per la prima volta nel suo articolo del 2000 apparso su Harvard Business Review, “Leadership That Gets Results”, e da quel momento sono stati identificati come riferimento per una leadership efficace. Questi i sei stili:

Stile di leadership coercitivo, che implica la richiesta di un rispetto immediato.
Stile di leadership autorevole, che consiste nel mobilitare le persone verso una visione.
Stile di leadership programmativo, basato su aspettative di eccellenza e autodirezione.
Stile di leadership affiliativo, che si basa sulla creazione di legami emotivi.
Stile di leadership democratico, basato sulla creazione di consenso.
Stile di leadership del coaching, orientato allo sviluppo delle persone per il futuro.

Vediamoli nel dettaglio:

1. Stile di leadership coercitivo
Questo è unanimemente considerato il meno efficace. Si tratta di uno stile autoritario. Apparentemente può sembrare efficace nell’impartire ordini, ma a lungo termine ha un effetto negativo sulla cultura aziendale, causando un clima negativo e portando a un elevato ricambio di collaboratori e a un distacco nei confronti dell’organizzazione.

2. Stile di leadership autorevole
Non va confuso con la leadership autoritaria e consiste nel motivare il team offrendo una visione in prospettiva, ossia connettendo chiaramente il contributo del singolo a una strategia organizzativa più ampia, mostrando come il lavoro individuale contribuisca a uno scopo più grande. Si basa su linee guida chiare e sulla fiducia, sulla visione condivisa e sulla creatività, generando un elevato coinvolgimento dei dipendenti e una maggiore soddisfazione sul lavoro.
Questo stile di leadership è considerato vantaggioso nei momenti di cambiamento o d’incertezza.

3. Stile di leadership programmativo
Questo stile di leadership si basa sul rispetto di standard elevati per sé stessi e per gli altri. La ricerca dell’eccellenza è certamente positiva, ma l’approccio programmativo (“pacesetting”) può essere controproducente se l’attenzione si concentra sui fallimenti invece di focalizzarsi sui successi. Spingere costantemente un team alla produttività può creare ovviamente un ambiente di lavoro altamente stressante. Un altro effetto collaterale può rendere difficile individuare come gli sforzi individuali si inseriscono nell’organizzazione. Anche questo stile di leadership può portare a un aumento del turnover. “Se le persone migliori se ne vanno perché le allontanate o le stressate, allora non state agendo nell’interesse a lungo termine dell’organizzazione”, spiega Goleman.
Questo stile  di leadership deve essere usato raramente e può funzionare quando i membri di un team sono altamente motivati ed estremamente competenti, come nei gruppi altamente specializzati, come i team di ricerca e sviluppo. Anche in questo caso, questo stile dovrebbe essere utilizzato in concomitanza con altri, per limitarne gli effetti negativi.

4. Stile di leadership affiliativo
Questo stile di leadership mira a costruire forti legami emotivi, uno spirito di squadra e un ambiente di lavoro positivo e solidale. Porta i membri del team a sentirsi parte di un gruppo, a condividere liberamente idee e feedback e a lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni. In questo modo è possibile creare una comunità coesa invece di una macchina amministrativa fredda, favorendo la conoscenza a livello personale e festeggiando i successi individuali.
Anche in questo caso questo stile non deve essere usato in modo esclusivo, poiché potrebbe non fornire un feedback sufficiente per affrontare problemi di performance o sfide complesse. Andrebbe combinando con uno stile autorevole e ispiratore, creando quindi un maggiore equilibrio, offrendo sia sostegno che direzione.

5. Stile di leadership democratico
Lo stile di leadership democratico prevede partecipazione, ossia fa sì che il team partecipi al processo decisionale, dedicando tempo allo scambio su punti importanti, ascoltando i diversi punti di vista e i feedback, dando peso alle opinioni dei membri del team, generando un senso di appartenenza e di responsabilità.
Si tratta di uno stile ideale quando si sta scegliendo una nuova direzione ed è necessario generare idee, ma non è efficace con team inesperti o in tempi di crisi.

6. Stile di leadership del coaching
Lo stile di coaching, come il nome lascia intuire, si basa sulla crescita individuale, prevedendo momenti dedicati alla comprensione degli obiettivi a lungo termine dei membri del team, al fine di favorire il loro sviluppo personale e professionale. Questo incoraggia a riflettere sulle aspirazioni e a lavorare per raggiungerle e fa sentire i membri del team apprezzati e motivati.
Si tratta di uno stile particolarmente utile nei momenti di valutazione della performance, ma può essere utilizzato anche in altri momenti, nelle conversazioni quotidiane. Un vantaggio legato a questo stile è che i membri del team sono incoraggiati a crescere e a imparare, evitando che i potenziali problemi persistano.

Questa visione di insieme degli stili di leadership fa riflettere su quanto la consapevolezza delle strade percorribili, dei vantaggi e degli svantaggi dei vari approcci, possa generare valore all’interno delle organizzazioni. Conoscere vuol dire essere consapevoli ed agire con responsabilità. Molto di frequente le persone raccontano di organizzazioni in cui non c’è cura dei team al di là del mero management, della pura gestione, e questo crea ambienti difficili, dai quali gli individui finiscono per allontanarsi, generando anche un impatto economico sull’organizzazione, oltre che umano. Lavorare per una maggiore formazione su questi temi, soprattutto per chi ricopre ruoli chiave in azienda, potrebbe rivelarsi una scelta vincente.

Fonti e approfondimenti

Harvard Business Review, “Leadership That Gets Results”, Daniel Goleman, Harvard Business Review

I 6 stili di leadership più diffusi e come decidere quale utilizzare, Rebecca Knight, Harvard Business Review Italia

Leadership, A cura di Gian Piero Quaglino, Raffaello Cortina Editore, 2005

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